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CARMINA BURINA di Alfredo Bianchi Scalzi
Per la collana "I Prismi" - Terre Sommerse, è uscito un libro “commedia” in cui: attore, regista sono la stessa persona. Cardellino Fischiabaz, ovvero Alfredo Bianchi Scalzi in Carmina burÍna e memorie di un succhiainchiostro.
In una nota Alfredo scrive:
“Gratti il Pepito e trovi il Peppone” diceva sogghignando maliziosamente il don Camillo di Giovannino Guareschi al sindaco comunista di Brescello, Giuseppe Bottazzi, che, per nascondere la sua identità, aveva giocato e vinto al Totocalcio con una schedina firmata con l’anagramma del suo nome: Pepito Sbazzeguti.
Analogamente, gratti il Cardellino Fischiabaz (che non è un variopinto uccello tropicale) e trovi l’anagramma di Alfredo Bianchi Scalzi, cioè di me.
Perché ho dato a questa raccolta un titolo che richiama parodisticamente i medievali Carmina Burana, cioè quei versi (e non solo), parte in latino e parte in tedesco, d’origine goliardica e di contenuto spesso scherzoso e godereccio? Per due ragioni.
La prima è che molte delle cose qui presenti hanno un carattere scanzonato e talvolta irriverente. Alcune di esse sono scritte in un dialetto romanesco molto annacquato, per le cui “licenze” chiedo venia a Belli e Pascarella, giustificato (spero) dal fatto che le mie radici non sono trasteverine di sette generazioni ma affondano in duro scoglio genovese.
La seconda ragione è che l’idea di questo libretto è nata e si è sviluppata in un periodo della mia vita nel quale avevo deciso di abbandonare lo smog cittadino per ritirarmi, come Cincinnato, fra gli orti e gli uliveti del vicino paese di Capena. Conoscevo la zona da diversi anni perché un collega d’ufficio vi possedeva una piccola vigna da cui ricavava un vinello bianco, niente male, che scherzosamente avevamo denominato Capené.
Sarei cosí diventato anch’io un burino, come da sempre i romani appellano i rozzi campagnoli della provincia. Nella nuova veste rustica avrei potuto dire di me, parafrasando immodestamente l’epitaffio virgiliano: Genua me genuit / quirites rapuere / tenet nunc Capena / delegi pascua et rura dulcia.
Il progettato trasferimento restò invece nei pii desideri: ho conservato tuttavia alla raccolta l’originario titolo perché lo trovo divertente e perché segna comunque un periodo, sia pur breve, della mia vita.
Alfredo Bianchi Scalzi (che in questo libro si firma Cardellino Fischiabaz) è nato nel 1938 a Genova, ma dall’età di cinque anni vive a Roma dove ha compiuto gli studi classici e di Giurisprudenza, ha lavorato in banca e ha messo su famiglia.
Si è dedicato, con impegno discontinuo, all’attività letteraria pubblicando Aghi di pino (Villar Editore, Roma 1967), Questa nostra creta antica (Seledizioni, Bologna 1974), Orme d’acqua (Maremmi Editori, Firenze 2003); per le edizioni Terre Sommerse di Roma: In limine portus (2013), Le ore dell’Acquasola (2015), La luce nera (2016), Carmina burina e memorie di un succhiainchiostro (2018).
Si sono occupati del suo percorso poetico fra gli altri: Carlo Martini, Giorgio Carpaneto e, in lettere personali, Giorgio Caproni e Vittorio G. Rossi.
È presente in varie antologie e nel Dizionario dei poeti, curato da Raimondo Venturiello e Annamaria Scavo (Pagine, Roma 2006). Con i libri In limine portus, Le ore dell’Acquasola, La luce nera e questo Carmina burina (nella veste ancora inedita) ha vinto il primo premio Città di Sarzana negli anni 2014 (poesia) e 2015, 2016, 2017 (narrativa). Il libro “La luce nera ” ha ottenuto anche il premio della critica nel concorso Michelangelo Buonarroti indetto nel 2016 dal comune lucchese di Seravezza.
Isbn 9788869010866 - pp. 216