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RACCONTI A BRANDELLI - Alessandro Caparesi
nota dell’editore
Per caso. Non si è mai scrittori o artisti per caso. È sempre il frutto di una ricerca, a volte della insopprimibile necessità di esprimere il proprio vissuto, la propria interiorità fatta di aspirazioni e timori, di suoni e colori. Questo è l’animo dell’artista. Alessandro Caparesi esprime il proprio “animo” attraverso l’arte dedicandosi sia alla pittura sia tramite la scrittura. Quanti artisti hanno sperimentato diverse forme espressive per scavare dentro di se? Oggi li chiamiamo multimediali, una volta si chiamavano eclettici, ma il succo resta lo stesso.
La presente raccolta ci mostra il lato “mutante” dello scrittore, che cambia a seconda delle “tinte” utilizzate per descrivere le proprie storie, narrate con la fantasia di una mente ancora giovane a cui piace sperimentare e giocare con il linguaggio (a volte senza molti fronzoli) accompagnando il lettore in una lettura sempre scorrevole in cui viene stimolato con passaggi di tono che vanno dal “noire” a sorprendenti finali “iperealisti” (come nel “Sogno di Arturo” in cui attraverso tutta la storia si resta in bilico tra l’illusione e la delusione della vita), ma anche a momenti lirici, come nel breve “Lugano Addio” in cui, prendendo in prestito versi e musiche di Ivan Graziani, vengono descritti i piccoli sogni di Marta, sfortunata automobilista.
E poi “Legàmi”, che narra l’evoluzione del legame tra due sorelle instauratosi durante il terribile 19 luglio del Quarantatre, e “Brandelli”, il racconto che dà il titolo alla raccolta, in cui il reincontro di due ex fidanzatini adolescenziali è il pretesto per ripercorrere, attraverso meccanismi psicologici (non del tutto lineari) dell’io narrante, il vissuto comune ( più o meno esplicito) di entrambi, e “101%” in cui la sfida è riuscire a delineare personaggi, ambiente e quindi una storia ricorrendo al solo dialogo.
Il denominatore comune di questa raccolta così eterogenea, sembra convergere in una visione dell’esistenza che spesso (anche troppo spesso) diverge da ciò che viene vissuto realmente propendendo piuttosto per un ideale distaccato dalle pene terrene. Un’esistenza in cui l’uomo contagia e piega la fantasia al punto da costringerla a divenire reale, e viceversa, e in cui il confine tra “normalità” e follia non è (se mai lo è stato) ben delineato.