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- J. S. BACH - LE SUITE BWV 1008 E 1011 - Giuseppe Maria Polizzi - Mandola tenore e mandola contralto
J. S. BACH - LE SUITE BWV 1008 E 1011 - Giuseppe Maria Polizzi - Mandola tenore e mandola contralto
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Le suite BWW 1008 e 1011 per violoncello, presentate in questa inedita versione per due mandole storiche rispettivamente tenore e contralto, appartengono al gruppo delle sei suite BWV 1007-1012 composte da J.S. Bach nel breve ma fecondo soggiorno a Kothen dal 1717 al 1723. La corte di Kothen governata dal principe reggente Leopold August Anhalt-Cothen rappresenta un momento fondamentale nella vita musicale e familiare del grande organista tedesco. Qui infatti, considerata l’obbedienza al credo calvinista da parte del principe, credo che si professava attraverso l’uso di una ritualità liturgica composta ed austera lontana dall’esasperazioni e dai fasti sonori delle corti luterane, Bach trovò impiego come Konzertmeister ossia maestro di cappella, (direttore d’orchestra) e fu in uno dei suoi viaggi intrapresi con il principe che Bach seppe della morte della moglie Maria Barbara, la madre dei primi suoi sette figli. Alla corte di Kothen, Bach venne esonerato da impegni di ordine liturgico e la direzione del Collegium Musicum favorì sicuramente la produzione di musica più secolare che sacra.
A Kothen, infatti, oltre i famosi 6 Concerti Brandeburghesi, i concerts avec plusieurs instruments BWV 1046-1051, dedicati al margravio Christian Ludwig di Brandeburgo, le sei sonate per violino e cembalo BWV 1014-1019, Bach concepirà quello straordinario corpus di musiche strumentali solistiche dedicate a strumenti come il violino, il violoncello, il flauto. Attingendo come fonte d’ispirazione a suoi predecessori che già in passato si erano cimentati in produzioni similari, Bach afferma in ambito profano tutto il suo genio dando vita ad un linguaggio e ad uno stile rivoluzionari, soprattutto per la tecnica e la prassi esecutiva dell’epoca, costringendo strumenti dalla chiara matrice melodica ad un linguaggio polifonico. La forma musicale prescelta è quella della sonata esposta nelle due varianti, la sonata da chiesa, come accade per le sonate per violino solo BWV 1001, 1003 e 1005 e la sonata per flauto BWV 1030 e la sonata da camera o suite, come avviene per le sei sonate senza accompagnamento per violoncello BWV 1007-1012 e le partite per violino BWV 1002,1004 e 1006.
La suite, sottile e delicata forma d’intrattenimento musicale caratterizzata dall’alternarsi di movimenti concepiti sui ritmi delle danze stilizzate, ora binari, come l’allemande, la boureè, la gavotta, ora ternari, come la courante, la sarabanda, il minuetto, la giga, quasi sempre preceduti da un preludio o da un’overture, eseguiti con il classico stile dell’improvvisazione. La suite, successione di stanze sonore ove ogni movimento rappresenta ed esprime la necessità di uno spazio all’interno del quale sviluppare una dinamica narrativa di tensione-distensione melodico-polifonica. E in Bach, la suite diviene occasione irresistibile per affermare con eleganza e raffinatezza, nell’allegoria di immagini viandanti, quel moto d’affetti tipico della retorica barocca.
**************
Le suite BWV 1008 e 1011
L’approccio alla musica di Bach con strumenti diversi rispetto a quelli per i quali è stata concepita, è sempre una tentazione tanto intrigante quanto insidiosa. E comunque è l’ennesima occasione per affermare l’incredibile duttilità della musica del Kantor di Lipsia che sovente si presta ad adattamenti per non usare il termine arrangiamenti con strumenti o organici diversi a seconda del repertorio solistico o cameristico.
La presente registrazione ne è una conferma, laddove uno strumento a corde, nella fattispecie un liuto a plettro cioè una mandola, tenore o contralto che sia, è impegnata in un repertorio concepito originariamente per uno strumento ad arco come il violoncello. Il primo dato di fatto da prendere in considerazione, tenuto conto delle caratteristiche dei due strumenti, è la notevole differenza di volume del suono al quale si è trovato “rimedio” attraverso il generoso ricorso all’ornamentazione, peculiarità imprescindibile della prassi esecutiva barocca. L’ornamentazione per gli strumenti a pizzico o a plettro, (la grande famiglia dei liuti da una parte e dei mandolini, mandole, mandoloncelli dall’altra) ed in parte anche per quelli a tastiera, riferendoci al clavicordo e al cembalo, da semplice e necessaria pratica per sopperire alla povertà di suono, diviene altresì completamento se non sublimazione del linguaggio idiomatico che con il tempo si farà vero e proprio stile. Ce lo ricordano i cembalisti del ‘600 francese (Couperin e Lully) e soprattutto i liutisti di quel periodo (Mouton, Gallot, Gaultier), intenti com’erano nelle esecuzioni ad inventare prima ed a sperimentare poi di necessità virtù, un prontuario di abbellimenti che, da semplici accorgimenti necessari a non far morire il suono, finiranno per diventare parte integrante della prassi esecutiva barocca. Termini come treblement, (ribattuta) chute (scivolo) , separè (separazione di note) e soprattutto lo stile briseè, (sbriciolare), la tecnica di eseguire le note di un accordo esponendole in lenta successione attraverso un arpeggio e non tutte assieme simultaneamente, entrano nella narrazione arricchendola ed amplificandone i contenuti melodici.
Esattamente quello che succede in questo originale adattamento per due mandole, una tenore ed una contralto, delle suite BWV 1008 e 1011.
La suite BWV 1008 in la minore. (Mandola tenore)
Considerata l’accordatura della mandola tenore, una quarta sotto quella della viola, si è resa necessaria la trasposizione della tonalità originale che da Re minore diventa La minore .
La suite segue l’andamento tipico della successione di danze introdotte da un preludio soave ed equilibrato nella sua compita liricità ma non scevro di slanci. La narrazione procede con l’allemande nella sua classica forma bipartita, esposizione alla tonica, ripresa alla dominante, ciclicità comunque presente tutti i movimenti di danza. La courante rappresenta una sorta di double dell’allemande ed è caratterizzata da un incedere frenetico. Il momento più alto di raccoglimento si riscontra nella Sarabanda, cui il lento procedere dei suoni richiama ad una velata drammaticità, ad un atto di compita devozione. A restituire un po' di dinamismo i Minuetti I e II, leggiadri disimpegni di una serena narrazione. La suite si conclude con una funambolica giga, con le frasi iniziali che vengono ripetute alla tonica nell’esposizione, e alla modale nella ripresa. La suite BWV 1008 è una composizione stilisticamente molto equilibrata, apparentemente priva di spigoli o tortuosità ed il cui andamento regolare non deve essere confuso con ingenuità o candore.
La suite BWV 1011 in do minore (Mandola contralto)
In questa suite Bach, al fine di favorire lo sviluppo di armonici, adotta la tecnica della scordatura della prima corda che da La passa a Sol. (dominante di DO).
La suite BWV 1011 è una suite “nervosa” a tratti tormentata e soprattutto ricca di sorprese .
La narrazione prende vita attraverso un lungo preludio concepito nella forma dell’ouverture francese secondo lo schema toccata e fuga per continuare con l’allemande e la courante, due momenti contrapposti l’uno all’altro. Meditativo il primo, passeggiato il secondo. La sarabanda, è forse il momento più originale dell’intera suite, caratterizzato dalla singola esposizione di circa cento note e con l’ aggiunta di accorte armonizzazioni. La successione apparentemente omofonica è semplicemente spiazzante laddove il Sig. Bach dà vita ad un brano dalle sonorità quasi contemporanee più che barocche.
La gavotte e il rondò, esprimono un vero e proprio desiderio di liberazione dall’enorme tensione accumulata nella sarabanda e necessità di affermazione al tempo stesso di raffinata leggiadria.
La suite si conclude con un giga in stile francese con il classico ritmo di saccadè, ossia l’uso ripetitivo del normale gruppo puntato secondo lo schema: croma puntata- semicroma-croma.
Di questa suite si conserva una copia manoscritta per liuto. La suite BWV 995 in sol minore. Un adattamento che Bach volle realizzare per un aristocratico francese, un certo Monsieur Schuster.
Le suite BWV 1008 e 1011 e, comunque, tutte le composizioni concepite da Bach per strumenti a solo, oltre a costituire delle testimonianze originali per ciò che concerne un repertorio intimo e per rigore stilistico e per purezza assoluta, rappresentano anche un pregevole ed inedito contributo alla tecnica esecutiva ponendosi come occasioni di approfondimento in chiave pedagogica della musica solistica del grande compositore tedesco.
Giuseppe Maria Polizzi
La registrazione è stata effettuata tra il Dicembre 2016 e il Febbraio 2017 presso la Chiesetta di S. Sebastiano di Chiusa Sclafani (PA) per conto della Disco 33 Recording Studios di Sciacca. Mixing e ottimizzazione in studio.
Foto di Accursio Giglio ed Elisabetta Marinello
Strumenti utilizzati:
Mandola Tenore Carine Sec. XIX come da cartiglio, restaurata dal M° liutaio Salvatore Masiello (Napoli)
Mandola Contralto F.lli Desiderio - Salerno 1926 (Scuola Vinaccia Napoli) come da cartiglio, restaurata dal M° liutaio Giuseppe Manna (Napoli).
Assistente di studio: Prof.ssa Alessia Misiti
Grazie a Francesco, Accursio, Elisabetta, Raffaella
A Kothen, infatti, oltre i famosi 6 Concerti Brandeburghesi, i concerts avec plusieurs instruments BWV 1046-1051, dedicati al margravio Christian Ludwig di Brandeburgo, le sei sonate per violino e cembalo BWV 1014-1019, Bach concepirà quello straordinario corpus di musiche strumentali solistiche dedicate a strumenti come il violino, il violoncello, il flauto. Attingendo come fonte d’ispirazione a suoi predecessori che già in passato si erano cimentati in produzioni similari, Bach afferma in ambito profano tutto il suo genio dando vita ad un linguaggio e ad uno stile rivoluzionari, soprattutto per la tecnica e la prassi esecutiva dell’epoca, costringendo strumenti dalla chiara matrice melodica ad un linguaggio polifonico. La forma musicale prescelta è quella della sonata esposta nelle due varianti, la sonata da chiesa, come accade per le sonate per violino solo BWV 1001, 1003 e 1005 e la sonata per flauto BWV 1030 e la sonata da camera o suite, come avviene per le sei sonate senza accompagnamento per violoncello BWV 1007-1012 e le partite per violino BWV 1002,1004 e 1006.
La suite, sottile e delicata forma d’intrattenimento musicale caratterizzata dall’alternarsi di movimenti concepiti sui ritmi delle danze stilizzate, ora binari, come l’allemande, la boureè, la gavotta, ora ternari, come la courante, la sarabanda, il minuetto, la giga, quasi sempre preceduti da un preludio o da un’overture, eseguiti con il classico stile dell’improvvisazione. La suite, successione di stanze sonore ove ogni movimento rappresenta ed esprime la necessità di uno spazio all’interno del quale sviluppare una dinamica narrativa di tensione-distensione melodico-polifonica. E in Bach, la suite diviene occasione irresistibile per affermare con eleganza e raffinatezza, nell’allegoria di immagini viandanti, quel moto d’affetti tipico della retorica barocca.
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Le suite BWV 1008 e 1011
L’approccio alla musica di Bach con strumenti diversi rispetto a quelli per i quali è stata concepita, è sempre una tentazione tanto intrigante quanto insidiosa. E comunque è l’ennesima occasione per affermare l’incredibile duttilità della musica del Kantor di Lipsia che sovente si presta ad adattamenti per non usare il termine arrangiamenti con strumenti o organici diversi a seconda del repertorio solistico o cameristico.
La presente registrazione ne è una conferma, laddove uno strumento a corde, nella fattispecie un liuto a plettro cioè una mandola, tenore o contralto che sia, è impegnata in un repertorio concepito originariamente per uno strumento ad arco come il violoncello. Il primo dato di fatto da prendere in considerazione, tenuto conto delle caratteristiche dei due strumenti, è la notevole differenza di volume del suono al quale si è trovato “rimedio” attraverso il generoso ricorso all’ornamentazione, peculiarità imprescindibile della prassi esecutiva barocca. L’ornamentazione per gli strumenti a pizzico o a plettro, (la grande famiglia dei liuti da una parte e dei mandolini, mandole, mandoloncelli dall’altra) ed in parte anche per quelli a tastiera, riferendoci al clavicordo e al cembalo, da semplice e necessaria pratica per sopperire alla povertà di suono, diviene altresì completamento se non sublimazione del linguaggio idiomatico che con il tempo si farà vero e proprio stile. Ce lo ricordano i cembalisti del ‘600 francese (Couperin e Lully) e soprattutto i liutisti di quel periodo (Mouton, Gallot, Gaultier), intenti com’erano nelle esecuzioni ad inventare prima ed a sperimentare poi di necessità virtù, un prontuario di abbellimenti che, da semplici accorgimenti necessari a non far morire il suono, finiranno per diventare parte integrante della prassi esecutiva barocca. Termini come treblement, (ribattuta) chute (scivolo) , separè (separazione di note) e soprattutto lo stile briseè, (sbriciolare), la tecnica di eseguire le note di un accordo esponendole in lenta successione attraverso un arpeggio e non tutte assieme simultaneamente, entrano nella narrazione arricchendola ed amplificandone i contenuti melodici.
Esattamente quello che succede in questo originale adattamento per due mandole, una tenore ed una contralto, delle suite BWV 1008 e 1011.
La suite BWV 1008 in la minore. (Mandola tenore)
Considerata l’accordatura della mandola tenore, una quarta sotto quella della viola, si è resa necessaria la trasposizione della tonalità originale che da Re minore diventa La minore .
La suite segue l’andamento tipico della successione di danze introdotte da un preludio soave ed equilibrato nella sua compita liricità ma non scevro di slanci. La narrazione procede con l’allemande nella sua classica forma bipartita, esposizione alla tonica, ripresa alla dominante, ciclicità comunque presente tutti i movimenti di danza. La courante rappresenta una sorta di double dell’allemande ed è caratterizzata da un incedere frenetico. Il momento più alto di raccoglimento si riscontra nella Sarabanda, cui il lento procedere dei suoni richiama ad una velata drammaticità, ad un atto di compita devozione. A restituire un po' di dinamismo i Minuetti I e II, leggiadri disimpegni di una serena narrazione. La suite si conclude con una funambolica giga, con le frasi iniziali che vengono ripetute alla tonica nell’esposizione, e alla modale nella ripresa. La suite BWV 1008 è una composizione stilisticamente molto equilibrata, apparentemente priva di spigoli o tortuosità ed il cui andamento regolare non deve essere confuso con ingenuità o candore.
La suite BWV 1011 in do minore (Mandola contralto)
In questa suite Bach, al fine di favorire lo sviluppo di armonici, adotta la tecnica della scordatura della prima corda che da La passa a Sol. (dominante di DO).
La suite BWV 1011 è una suite “nervosa” a tratti tormentata e soprattutto ricca di sorprese .
La narrazione prende vita attraverso un lungo preludio concepito nella forma dell’ouverture francese secondo lo schema toccata e fuga per continuare con l’allemande e la courante, due momenti contrapposti l’uno all’altro. Meditativo il primo, passeggiato il secondo. La sarabanda, è forse il momento più originale dell’intera suite, caratterizzato dalla singola esposizione di circa cento note e con l’ aggiunta di accorte armonizzazioni. La successione apparentemente omofonica è semplicemente spiazzante laddove il Sig. Bach dà vita ad un brano dalle sonorità quasi contemporanee più che barocche.
La gavotte e il rondò, esprimono un vero e proprio desiderio di liberazione dall’enorme tensione accumulata nella sarabanda e necessità di affermazione al tempo stesso di raffinata leggiadria.
La suite si conclude con un giga in stile francese con il classico ritmo di saccadè, ossia l’uso ripetitivo del normale gruppo puntato secondo lo schema: croma puntata- semicroma-croma.
Di questa suite si conserva una copia manoscritta per liuto. La suite BWV 995 in sol minore. Un adattamento che Bach volle realizzare per un aristocratico francese, un certo Monsieur Schuster.
Le suite BWV 1008 e 1011 e, comunque, tutte le composizioni concepite da Bach per strumenti a solo, oltre a costituire delle testimonianze originali per ciò che concerne un repertorio intimo e per rigore stilistico e per purezza assoluta, rappresentano anche un pregevole ed inedito contributo alla tecnica esecutiva ponendosi come occasioni di approfondimento in chiave pedagogica della musica solistica del grande compositore tedesco.
Giuseppe Maria Polizzi
La registrazione è stata effettuata tra il Dicembre 2016 e il Febbraio 2017 presso la Chiesetta di S. Sebastiano di Chiusa Sclafani (PA) per conto della Disco 33 Recording Studios di Sciacca. Mixing e ottimizzazione in studio.
Foto di Accursio Giglio ed Elisabetta Marinello
Strumenti utilizzati:
Mandola Tenore Carine Sec. XIX come da cartiglio, restaurata dal M° liutaio Salvatore Masiello (Napoli)
Mandola Contralto F.lli Desiderio - Salerno 1926 (Scuola Vinaccia Napoli) come da cartiglio, restaurata dal M° liutaio Giuseppe Manna (Napoli).
Assistente di studio: Prof.ssa Alessia Misiti
Grazie a Francesco, Accursio, Elisabetta, Raffaella