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IL DRAMMA DI PAPA CELESTINO V - di Amedeo Bonifacio (Libro)
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Isbn: 9788896786765
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Basta raggiungere l’Aquila e recarsi presso la basilica di Collemaggio per comprendere quanto Pietro Angelerio, Papa Celestino V, sia ancora oggi tanto vivo e presente fra la gente di L’Aquila.
La venerazione per Celestino V è fortemente tangibile, basti pensare a quanto il popolo di L’Aquila ogni anno ami ritrovarsi col Santo nella festa della Perdonanza e di quali sforzi abbia dovuto fare dopo il terremoto per non rinunciarvi.
Introduzione dell'Autore
Già Silone ci ha voluto regalare una pagina di teatro dal titolo : “L'Avventura di un povero cristiano” ma, pur evidenziando il grande contrasto morale ed etico di idee e di comportamenti, che segna due importanti figure come Celestino V e Bonifacio VIII, davanti alla politica e alla storia, alla quotidiana commedia dell'autorità e del potere, Silone nella sua trattazione si lascia prendere la mano dalle tradizioni popolari e finisce col descrivere la figura del santo come quella di un uomo che scende dai regni della coscienza e dell'utopia lungo i sentieri del mondo di cui sembrerebbe non conoscere nulla e nel quale si muove con impaccio, solo perché ha scelto di essere eremita.
Per Silone tale impaccio pare sia causato dagli atteggiamenti di Pietro secondo i quali rifiuta di abbandonare le proprie abitudini come per esempio quella di preferire l’asino ad ogni altro mezzo di trasporto o quella di continuare a dormire per terra o quella di non avere grande dimestichezza con il latino fino ad opporsi alla firma di una lettera scritta in latino.
Silone, altresì è convinto che non fosse all’altezza del compito assegnatogli, quasi fosse stato il caso a riservargli tale destino pur riconoscendogli la virtù di chi antepone la coscienza al potere.
Anche altri insigni studiosi della nostra epoca come il Golinelli professore di storia medievale scrive su Celestino e già nel titolo però lo apostrofa come “il papa contadino”. Quasi che l’alone di leggenda che avvolge la sua persona sia l’origine della sua grandezza. Come al solito, pur di colpire l’immaginario collettivo si tende a coprire la verità su Celestino e sulla sua grandezza con veli di inadeguatezza.A questo punto del mio interesse per Celestino V mi accorsi che le notizie che riuscivo ad avere contrastavano le une con le altre addirittura Iacopone da Todi e Dante contemporanei di Celestino sentono il bisogno di parlarne. Dante al contempo prova il bisogno di denigrarlo. Nel canto III dell'Inferno Dante lo condanna e lo colloca tra i pusillanimi perché, secondo il poeta tradisce le aspettative di quanti avevano creduto in Lui.
"Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto, vidi e conobbi l'ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto."Iacopone nientemeno lo mette in discussione appena eletto Papa, prima ancora che svolga il proprio mandato; lo incalza e lo provoca al fine di incoraggiarne comportamenti volti a non tradire quanti credono in lui. (Vedi laude di Iacopone da Todi).
Quando ebbi a rileggere i versi di Dante e di Iacopone la domanda alla quale dovevo rispondere era chiara: “sarà mai possibile che poeti dall’immensa cultura quale Dante e dal grande agone politico quale Iacopone da Todi avessero potuto mettere nelle mani di Celestino V le loro aspettative etiche e politiche se questi non fosse stato all’altezza o meglio se questi fosse stato inadeguato?”Sono partito da questa domanda, quindi, per ridare giustizia prima all’uomo Pietro Angeleri e poi al santo: “San Pietro Confessore”. Questo è il nome con il quale Papa Clemente V in Avignone nella chiesa di Notre Dame de Doms lo ha santificato nel 1331.
Iniziato lo studio la figura di Pietro è venuta mano mano ad ingigantirsi e basta ricordare alcuni passi fondamentali della sua vita perché se ne intuisca la grandezza nel suo tempo e negli anni a venire.
Ho voluto ridare con questa opera a Pietro Angeleri i tratti di un uomo vero del suo tempo e non quella di un semplice poverello estraneo a quanto accade attorno a se solo perché eremita.
Celestino è uomo di grande passione e di grande lucidità in pochi mesi ridà ordine in una chiesa abbandonata alle lotte di potere e non solo lascia traccia del suo operato anche nel suo successore Bonifacio VIII che lo teme sia come uomo di chiesa che come uomo in senso lato.
Lui è eremita in preghiera e non come uomo. L’uomo è attento e colto al punto da tener testa ad illustri teologi, pensatori, poeti e Re del suo tempo.
Basti pensare a quanti in quel momento avevano rimesso nelle mani di Pietro Angeleri la speranza per una rivoluzione culturale all’interno della chiesa. Celestino ebbe ad opporsi sia a quanti lo amavano e lo tiravano a se per rivoluzionare l’intero apparato ecclesiastico sia a quanti lo temevano; ai primi ricordando loro che la Chiesa veniva prima dei propri interessi ai secondi imponendo, con logica e schietta fermezza, idee e fatti che hanno lasciato nel tempo una traccia da seguire, basti pensare alla perdonanza e alle regole per i cardinali durante il conclave.
Raccontare Celestino significa raccontare uno dei dilemmi e dei drammi che nel tempo si sussegue alternando lotte e guerre a brevi periodi di pace: “la contrapposizione tra etica e potere”. Quale magia storica da una parte Celestino, chi meglio di Lui per raffigurare l’Etica con la e maiuscola; dall’altra Bonifacio VIII chi meglio di lui per rappresentare il potere. Una magia storica che mi ha permesso di esplorare il dualismo sempre vivo mai sopito e oggi, più che in ogni altro tempo, assolutamente di grandissima attualità.
Questi i motivi che mi hanno spinto e diretto nello scrivere ancora su Celestino: “Un falso storico fatto di piccole leggende contro la grandezza etica e morale di un personaggio che può in ogni momento esserci di aiuto per ritrovare la via retta contro il potere e la corruzione”.
Buona lettura!
Amedeo Bonifacio
Note sull'AutoreAmedeo Bonifacio nato in Calabria a Cosenza il 1 febbraio 1954 vive a Roma dall’età di dieci anni.
A Roma all’Università la Sapienza ha conseguito con il massimo dei voti la laurea in Fisica.
La sua grande passione il calcio che ancora oggi pratica con i suoi amici di sempre.
Ha lavorato in Informatica presso società del gruppo ENI ed IBM.
Oggi lavora come docente di Matematica e Fisica presso l’Istituto Hegel di Roma.
Da qualche anno si dedica alla narrativa e al teatro.
Ha già pubblicato una raccolta di racconti sulla condizione giovanile nella provincia e nella grande città dal titolo “Ragazzi con le Ali”.
Per il teatro ha già scritto “L'ALIBI”: Commedia imperniata sul dilemma “quello che si desidera essere e quello che gli altri decidono che siamo”.
E’ presente su TWITTER
Ha un suo Blog dove si possono condividere le sue riflessioni, www.amedeo.me il cui sottotitolo è “leggi in bianco e nero, sogna a colori”. Collana teatro
Editore: TERRE SOMMERSE
Anno di pubblicazione: 2013
La venerazione per Celestino V è fortemente tangibile, basti pensare a quanto il popolo di L’Aquila ogni anno ami ritrovarsi col Santo nella festa della Perdonanza e di quali sforzi abbia dovuto fare dopo il terremoto per non rinunciarvi.
Introduzione dell'Autore
Già Silone ci ha voluto regalare una pagina di teatro dal titolo : “L'Avventura di un povero cristiano” ma, pur evidenziando il grande contrasto morale ed etico di idee e di comportamenti, che segna due importanti figure come Celestino V e Bonifacio VIII, davanti alla politica e alla storia, alla quotidiana commedia dell'autorità e del potere, Silone nella sua trattazione si lascia prendere la mano dalle tradizioni popolari e finisce col descrivere la figura del santo come quella di un uomo che scende dai regni della coscienza e dell'utopia lungo i sentieri del mondo di cui sembrerebbe non conoscere nulla e nel quale si muove con impaccio, solo perché ha scelto di essere eremita.
Per Silone tale impaccio pare sia causato dagli atteggiamenti di Pietro secondo i quali rifiuta di abbandonare le proprie abitudini come per esempio quella di preferire l’asino ad ogni altro mezzo di trasporto o quella di continuare a dormire per terra o quella di non avere grande dimestichezza con il latino fino ad opporsi alla firma di una lettera scritta in latino.
Silone, altresì è convinto che non fosse all’altezza del compito assegnatogli, quasi fosse stato il caso a riservargli tale destino pur riconoscendogli la virtù di chi antepone la coscienza al potere.
Anche altri insigni studiosi della nostra epoca come il Golinelli professore di storia medievale scrive su Celestino e già nel titolo però lo apostrofa come “il papa contadino”. Quasi che l’alone di leggenda che avvolge la sua persona sia l’origine della sua grandezza. Come al solito, pur di colpire l’immaginario collettivo si tende a coprire la verità su Celestino e sulla sua grandezza con veli di inadeguatezza.A questo punto del mio interesse per Celestino V mi accorsi che le notizie che riuscivo ad avere contrastavano le une con le altre addirittura Iacopone da Todi e Dante contemporanei di Celestino sentono il bisogno di parlarne. Dante al contempo prova il bisogno di denigrarlo. Nel canto III dell'Inferno Dante lo condanna e lo colloca tra i pusillanimi perché, secondo il poeta tradisce le aspettative di quanti avevano creduto in Lui.
"Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto, vidi e conobbi l'ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto."Iacopone nientemeno lo mette in discussione appena eletto Papa, prima ancora che svolga il proprio mandato; lo incalza e lo provoca al fine di incoraggiarne comportamenti volti a non tradire quanti credono in lui. (Vedi laude di Iacopone da Todi).
Quando ebbi a rileggere i versi di Dante e di Iacopone la domanda alla quale dovevo rispondere era chiara: “sarà mai possibile che poeti dall’immensa cultura quale Dante e dal grande agone politico quale Iacopone da Todi avessero potuto mettere nelle mani di Celestino V le loro aspettative etiche e politiche se questi non fosse stato all’altezza o meglio se questi fosse stato inadeguato?”Sono partito da questa domanda, quindi, per ridare giustizia prima all’uomo Pietro Angeleri e poi al santo: “San Pietro Confessore”. Questo è il nome con il quale Papa Clemente V in Avignone nella chiesa di Notre Dame de Doms lo ha santificato nel 1331.
Iniziato lo studio la figura di Pietro è venuta mano mano ad ingigantirsi e basta ricordare alcuni passi fondamentali della sua vita perché se ne intuisca la grandezza nel suo tempo e negli anni a venire.
- Pietro Angeleri conosce gli scritti, tutti rigorosamente in latino, di Gioacchino Da Fiore che con Sant’Agostino è uno dei maggiori padri della chiesa, ne è un proselito difensore e sostenitore ostinato.
- - Il calavrese abate Giovacchino di spirito profetico dotato
- Dante Alighieri Paradiso canto XII vv. 140-141
Gioacchino è ricordato da Dante nientemeno che fra i beati
- Nell'inverno del 1273 Pietro dopo essere stato priore e abate di numerose abbazie ed aver fondato una nuova congregazione di cui personalmente ne ha scritte le regole monastiche si reca, sospinto e animato da quella sicurezza che è solo dei giusti, in Francia a Lione ove si stavano per iniziare i lavori del Concilio voluto da Gregorio X, per impedire che l'ordine monastico da lui stesso fondato fosse soppresso. La missione ebbe successo. Poteva forse un inadeguato avere l’ardire di interferire e convincere un Papa se non si fosse sentito lui medesimo all’altezza? Il Papa dopo avere trascorso qualche giorno con lui gli chiese di celebrare una messa davanti a tutti i Padri Conciliari dicendogli che «...nessuno ne era più degno».
- La sua confraternita oltrepassa i confini dell’Italia. Dopo la sua morte i Celestiniani raggiungono la Francia e gli stessi Templari pare abbiano contribuito ad accrescerne il mito.
- Re Carlo II D’Angiò, dopo mesi in cui i Cardinali non riuscivano ad eleggere il nuovo Papa, si reca personalmente da Pietro e invoca il suo intervento sui cardinali. Quanta doveva essere grande la figura di Pietro se un Re, in una condizione così grave politicamente, pensa a Lui come l’unico in grado di potere tenere testa ai Cardinali e addirittura riposizionarli sulla strada maestra.
Ho voluto ridare con questa opera a Pietro Angeleri i tratti di un uomo vero del suo tempo e non quella di un semplice poverello estraneo a quanto accade attorno a se solo perché eremita.
Celestino è uomo di grande passione e di grande lucidità in pochi mesi ridà ordine in una chiesa abbandonata alle lotte di potere e non solo lascia traccia del suo operato anche nel suo successore Bonifacio VIII che lo teme sia come uomo di chiesa che come uomo in senso lato.
Lui è eremita in preghiera e non come uomo. L’uomo è attento e colto al punto da tener testa ad illustri teologi, pensatori, poeti e Re del suo tempo.
Basti pensare a quanti in quel momento avevano rimesso nelle mani di Pietro Angeleri la speranza per una rivoluzione culturale all’interno della chiesa. Celestino ebbe ad opporsi sia a quanti lo amavano e lo tiravano a se per rivoluzionare l’intero apparato ecclesiastico sia a quanti lo temevano; ai primi ricordando loro che la Chiesa veniva prima dei propri interessi ai secondi imponendo, con logica e schietta fermezza, idee e fatti che hanno lasciato nel tempo una traccia da seguire, basti pensare alla perdonanza e alle regole per i cardinali durante il conclave.
Raccontare Celestino significa raccontare uno dei dilemmi e dei drammi che nel tempo si sussegue alternando lotte e guerre a brevi periodi di pace: “la contrapposizione tra etica e potere”. Quale magia storica da una parte Celestino, chi meglio di Lui per raffigurare l’Etica con la e maiuscola; dall’altra Bonifacio VIII chi meglio di lui per rappresentare il potere. Una magia storica che mi ha permesso di esplorare il dualismo sempre vivo mai sopito e oggi, più che in ogni altro tempo, assolutamente di grandissima attualità.
Questi i motivi che mi hanno spinto e diretto nello scrivere ancora su Celestino: “Un falso storico fatto di piccole leggende contro la grandezza etica e morale di un personaggio che può in ogni momento esserci di aiuto per ritrovare la via retta contro il potere e la corruzione”.
Buona lettura!
Amedeo Bonifacio
Note sull'AutoreAmedeo Bonifacio nato in Calabria a Cosenza il 1 febbraio 1954 vive a Roma dall’età di dieci anni.
A Roma all’Università la Sapienza ha conseguito con il massimo dei voti la laurea in Fisica.
La sua grande passione il calcio che ancora oggi pratica con i suoi amici di sempre.
Ha lavorato in Informatica presso società del gruppo ENI ed IBM.
Oggi lavora come docente di Matematica e Fisica presso l’Istituto Hegel di Roma.
Da qualche anno si dedica alla narrativa e al teatro.
Ha già pubblicato una raccolta di racconti sulla condizione giovanile nella provincia e nella grande città dal titolo “Ragazzi con le Ali”.
Per il teatro ha già scritto “L'ALIBI”: Commedia imperniata sul dilemma “quello che si desidera essere e quello che gli altri decidono che siamo”.
E’ presente su TWITTER
Ha un suo Blog dove si possono condividere le sue riflessioni, www.amedeo.me il cui sottotitolo è “leggi in bianco e nero, sogna a colori”. Collana teatro
Editore: TERRE SOMMERSE
Anno di pubblicazione: 2013